Circolare informativa

Circolare informativa

Dal 16 ottobre è possibile presentare le domande per i servizi di temporary export manager, il regime forfettario del nuovo codice del terzo settore, IVA al 4% per banche dati on line, la dogana fa luce sulle novità dei modelli INTRASTAT, rinviato l’obbligo dell’assicurazione per gli avvocati, alcune sentenze della Cassazione.

Dal 16 ottobre è possibile presentare le domande per i servizi di temporary export manager, il nuovo codice del terzo settore introduce un nuovo regime forfettario, l’Agenzia delle entrate torna a trattare il tema dell’IVA agevolata per le cessioni di e-book analizzando gli abbonamenti alle banche dati online contenenti pubblicazioni digitali a carattere periodico, con la Nota del 09 ottobre le Dogane descrivono le novità riguardanti i modelli Intrastat, il Ministero della Giustizia rinvia all’11 novembre l’entrata in vigore dell’assicurazione obbligatoria per gli avvocati, la Cassazione si pronuncia sull’accertamento dell’IVA agevolata al 4% per la prima casa in caso di cambio di residenza prima dei cinque anni, sulla nullità del patto di maggiorazione del canone di locazione anche se registrato tardivamente, sui permessi ex L. 104: questi i principali argomenti trattati nella Circolare.

IMPRESE

  • Dal 16 ottobre è possibile presentare le domande per i servizi di temporary export manager
  • Codice terzo settore: nuovo regime forfettario
  • Iva ridotta al 4% per l’accesso alle banche dati di prodotti editoriali
  • Modelli INTRASTAT: tutto invariato fino al 31 dicembre 2017 e semplificazioni dal 2018
  • Trasformazione del rapporto di lavoro in part time verticale: illegittimo riproporzionare i permessi ex L. 104

PROFESSIONISTI

  • Modelli INTRASTAT: tutto invariato fino al 31 dicembre 2017 e semplificazioni dal 2018
  • Obbligo assicurazione avvocati: il Ministero della Giustizia rinvia di un mese
  • E’ nullo il patto di maggiorazione del canone anche se tardivamente registrato
  • Trasformazione del rapporto di lavoro in part time verticale: illegittimo riproporzionare i permessi ex L. 104

PERSONE FISICHE

  • Agevolazioni prima casa: nessuna proroga per l’accertamento IVA
  • Trasformazione del rapporto di lavoro in part time verticale: illegittimo riproporzionare i permessi ex L. 104
  • E’ nullo il patto di maggiorazione del canone anche se tardivamente registrato

SOMMARIO

  1. DAL 16 OTTOBRE E’ POSSIBILE PRESENTARE LE DOMANDE PER I SERVIZI DI TEMPORARY EXPORT MANAGER
  2. CODICE TERZO SETTORE: NUOVO REGIME FORFETTARIO
  3. IVA RIDOTTA AL 4 PER CENTO PER L’ACCESSO ALLE BANCHE DATI ON LINE DI PRODOTTI EDITORIALI
  4. MODELLI INTRASTAT: TUTTO INVARIATO FINO AL 31 DICEMBRE 2017 E SEMPLIFICAZIONI DAL 2018
  5. OBBLIGO ASSICURAZIONE AVVOCATI: IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA RINVIA DI UN MESE
  6. E’ NULLO IL PATTO DI MAGGIORAZIONE DEL CANONE ANCHE SE TARDIVAMENTE REGISTRATO
  7. AGEVOLAZIONI PRIMA CASA: NESSUNA PROROGA PER L’ACCERTAMENTO IVA
  8. TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO IN PART TIME VERTICALE: ILLEGITTIMO RIPROPORZIONARE I PERMESSI EX L. 104

1. DAL 16 OTTOBRE E’ POSSIBILE PRESENTARE LE DOMANDE PER I SERVIZI DI TEMPORARY EXPORT MANAGER

Con il DM 17 luglio 2017, pubblicato nella G.U. n. 218 del 18 settembre 2017, è stato rifinanziato il Piano di Promozione straordinaria per il Made in Italy al fine di sostenere le piccole e medie imprese che intendono perseguire un piano di internazionalizzazione avvalendosi della figura specializzata del Temporary Export Manager (TEM).

Anche per quest’anno è confermato il contributo a fondo perduto, erogato sotto forma di voucher, di ammontare pari a 10.000 euro per ogni Pmi che abbia conseguito un fatturato minimo di 500.000 euro nell’ultimo esercizio contabile chiuso; tale vincolo non sussiste nel caso di start-up iscritte nella sezione speciale del Registro delle imprese. Il voucher è invece ridotto a 8.000 euro per le imprese che hanno già beneficiato del precedente bando. Inoltre, la nuova edizione del voucher internazionalizzazione estende la sua operatività anche alle Pmi costituite sotto forme di società di persone e prevede la concessione di un voucher d’importo pari a 15.000 euro (elevato a 30.000 euro al raggiungimento di specifici obiettivi sui volumi di export) al fine di supportare le Pmi che usufruiscano di un TEM per almeno 1 anno. Il DM 17 luglio 2017 prevede inoltre, in sostituzione dell’elenco del 1° settembre 2015, una nuova selezione delle società accreditate a fornire servizi di accompagnamento ai processi di internazionalizzazione delle Pmi beneficiarie del voucher.

Dalle ore 10:00 del 16 ottobre 2017 apre il canale volto alla presentazione delle domande per l’inserimento nell’elenco società di Temporary Export Manager. Tali società di servizio, verificati i requisiti professionali e il possesso delle esperienze richieste in progetti di internazionalizzazione, così come previsto dal bando, potranno inviare le domande per l’accreditamento al Mise fino al 31 ottobre 2017; nei successivi 50 giorni il Mise fornirà l’elenco dei soggetti accreditati.

Terminata la fase dell’accreditamento dei fornitori dei servizi si passa alla seconda fase, rivolta alle Pmi che intendono richiedere l’accesso ai voucher. A partire dal 21 novembre 2017 si potrà iniziare la compilazione online della domanda, tramite l’apposita procedura informatica disponibile nella sezione “Voucher per l’internazionalizzazione” del sito web del Ministero; l’apertura dello sportello per la presentazione delle domande è invece fissata dalle ore 10.00 del 28 novembre 2017 e fino al termine ultimo delle ore 16.00 del 1° dicembre 2017.

Si ricorda infine che con il Decreto del Direttore Generale per le politiche di internazionalizzazione e la promozione degli scambi del 18 settembre 2017, il Ministero dello Sviluppo Economico ha definito le modalità operative e i termini per la richiesta e la concessione dei voucher per l’internazionalizzazione 2017.

2. CODICE TERZO SETTORE: NUOVO REGIME FORFETTARIO

Il D.lgs. 117/2017, in attuazione della riforma del terzo settore contenuta nella legge 106/2016, ha introdotto un nuovo regime forfettario riservato agli enti del terzo settore non commerciali.

2.1 Codice terzo settore: qualificazione dell’ente non commerciale
Il Codice del terzo settore, regolato attraverso il D.lgs. 117/2017, introduce la regolamentazione organica degli enti no profit.
Il Codice introduce una definizione di ente non commerciale, in relazione all’attività di interesse generale svolta dall’ente stesso.

Le eventuali attività commerciali svolte dall’ente possono essere considerate in due modi ai fini fiscali:

  1. attività commerciali, non detassate, che siano funzionali alla sussistenza stessa dell’ente;
  2. attività non commerciali nel caso in cui vengano svolte a titolo gratuito o cedute a prezzo di costo.

Gli enti non commerciali, per le proprie attività commerciali, hanno diritto ad un trattamento fiscale di favore.

2.2 Codice terzo settore: regime forfettario
Gli enti non commerciali, iscritti al Registro unico nazionale istituito dal Codice del terzo settore, hanno infatti diritto a esercitare l’opzione per la determinazione forfettaria del reddito di impresa.
Per le attività di prestazioni di servizi, l’indice di redditività dipende dall’ammontare dei ricavi: – redditività al 7% per ricavi fino a 130.000 euro;

  • redditività al 10% per ricavi tra 130.001 e 300.000 euro;
  • redditività al 17% per ricavi oltre i 300.000 euro.

Per le altre tipologie di attività i coefficienti sono i seguenti: – redditività al 5% per ricavi fino a 130.000 euro;

  • redditività al 7% per ricavi tra 130.001 e 300.000 euro;
  • redditività al 14% per ricavi oltre i 300.000 euro.

Nel caso non vi sia annotazione separata delle attività, al totale dei ricavi si applica il coefficiente relativo ai servizi.
L’opzione e la revoca della stessa si effettuano in dichiarazione dei redditi e hanno effetto dall’anno di imposta in cui tale dichiarazione viene presentata. Una volta esercitata l’opzione non può essere revocata per un triennio.

3. IVA RIDOTTA AL 4 PER CENTO PER L’ACCESSO ALLE BANCHE DATI ON LINE DI PRODOTTI EDITORIALI

Con la Risoluzione n. 120/E del 28 settembre 2017 l’Agenzia delle entrate torna a trattare il tema dell’IV A agevolata per le cessioni di e-book, analizzando in questa occasione gli abbonamenti alle banche dati online contenenti pubblicazioni digitali a carattere periodico.

L’interpello in oggetto riguarda la possibilità di ridurre l’IVA al 4 per cento, così come previsto dal n. 18) della tabella A, parte II, del DPR 633/1972, anche per la cessione del diritto di accesso ad una banca dati nella quale sono archiviate delle pubblicazioni scientifiche contraddistinte da un codice ISSN. La stessa banca dati consente inoltre la ricerca all’interno del portale dei documenti di cui l’abbonato necessita.

Al riguardo si ricorda che, per effetto dell’art. 1, comma 637, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016) che ha modificato l’art. 1, comma 667, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015), l’aliquota IVA del 4 per cento di cui al punto 18), della tabella A, allegata al DPR 633/1972, introdotta per agevolare la fornitura, in formato cartaceo, di giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e periodici, diventa applicabile anche alle forniture di prodotti editoriali in formato digitale. Con la Circolare n. 20/E del 18 maggio 2016 l’Agenzia ha in seguito definito l’ambito di applicazione della disposizione in commento, chiarendo che il codice ISBN o ISSN è condizione necessaria ma non sufficiente per la riduzione dell’aliquota IVA al 4 per cento: occorre, infatti, che il prodotto editoriale abbia le caratteristiche distintive tipiche dei giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici.

Pertanto, verificate le caratteristiche distintive del prodotto presente nell’archivio, l’aliquota IVA del 4 per cento può essere applicata anche alle operazioni di messa a disposizione online dei prodotti editoriali in cui al consumatore è offerta la possibilità di accedervi mediante utilizzo di siti web o di piattaforme elettroniche. Rientrano, infine, nella fattispecie agevolata anche la consultazione di biblioteche online che prevedono una serie di servizi aggiuntivi quali, ad esempio, le ricerche, la possibilità di inserire commenti o di stampare.

4. MODELLI INTRASTAT: TUTTO INVARIATO FINO AL 31 DICEMBRE 2017 E SEMPLIFICAZIONI DAL 2018

Con la Nota n. 110586/RU del 09 ottobre 2017 le Dogane descrivono le novità riguardanti i modelli Intrastat, introdotte dal provvedimento n. 194409 del 25 settembre 2017, con cui l’Agenzia delle entrate, l’ISTAT e la stessa Agenzia delle Dogane hanno dato attuazione alle misure di semplificazione previste dall’art. 50, co. 6, DL 331/1993 (così come modificato dall’art. 13, co. 4-quater, DL 244/2016).

Le Dogane ricordano che la ratio del provvedimento è quella di ridurre gli obblighi comunicativi dei contribuenti in relazione agli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie, con l’intento di evitare duplicazioni degli adempimenti gravanti sui soggetti passivi IVA. Tali semplificazioni, ricorda l’Agenzia delle dogane, hanno decorrenza dal 1° gennaio 2018 e, pertanto, fino al 31 dicembre 2017 permane l’obbligo di presentazione degli elenchi INTRA con le stesse modalità e scadenze in essere.

4.1. Semplificazioni introdotte dal 1° gennaio 2018

Modello INTRA 2 – acquisti intracomunitari di beni e servizi ricevuti
Abrogata la presentazione degli elenchi riepilogativi relativi agli acquisti intra-UE di beni (INTRA-2 bis) e alle prestazioni di servizi ricevute (INTRA-2 quater).
Resta, ai soli fini statistici, la presentazione degli elenchi INTRA-2 bis riferiti agli acquisti di beni, con riferimento a periodi mensili, per i soggetti IVA che effettuano operazioni di ammontare totale trimestrale uguale o superiore a 200.000 euro per almeno uno dei quattro trimestri precedenti.
Per quanto riguarda invece il modello INTRA-2 quater, riferito alle prestazioni ricevute da soggetti Intra- UE, resta ai soli fini statistici, la trasmissione con riferimento a periodi mensili, qualora l’ammontare totale trimestrale delle prestazioni di servizi ricevute dal soggetto IVA sia uguale o superiore a 100.000 euro, per almeno uno dei quattro trimestri precedenti. Infine, relativamente alla compilazione del campo “Codice Servizio”, viene ridotto il livello di dettaglio richiesto con il passaggio dal codice CPA a 6 cifre al CPA a 5 cifre.

Modello INTRA 1 – cessioni intracomunitarie di beni e servizi resi
Ai fini fiscali, permane l’obbligo di trasmissione degli elenchi riepilogativi riferiti alle cessioni di beni (INTRA-1 bis) e alle prestazioni di servizi rese (INTRA-1 quater).
L’indicazione dei dati statistici riferiti alle cessioni di beni (INTRA-1 bis) diventa obbligatoria solo per i soggetti IVA che presentano detti elenchi con periodicità mensile, che hanno realizzato in almeno uno dei quattro trimestri precedenti, cessioni intracomunitarie di beni per un ammontare totale trimestrale uguale o superiore a 100.000 euro.
Anche per gli elenchi riepilogativi relativi alle prestazioni di servizi rese (Modello INTRA-1 quater), ai fini della compilazione del campo “Codice Servizio”, è previsto il passaggio dal CPA a 6 cifre al CPA a 5 cifre.

5. OBBLIGO ASSICURAZIONE AVVOCATI: IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA RINVIA DI UN MESE

Il Ministero della Giustizia, con decreto del 10 ottobre 2017, rinvia all’11 novembre l’entrata in vigore dell’assicurazione obbligatoria per gli avvocati.

5.1 Obbligo assicurazione avvocati: decreto di proroga
Il Ministero della Giustizia, con decreto del 10 ottobre 2017 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 238 dell’11 ottobre 2017, proroga di 30 giorni l’entrata in vigore del decreto 22 settembre 2016 che ha fissato le “condizioni essenziali e massimali minimi delle polizze assicurative a copertura della responsabilità civile e degli infortuni derivanti dall’esercizio della professione di avvocato”.
Obbligo di assicurazione per gli avvocati, rinviato dunque all’11 novembre 2017 anche per via della concomitanza con il perfezionamento da parte del Consiglio nazionale forense della procedura di gara finalizzata alla stipula di una convenzione collettiva in modo da garantire all’intera categoria degli iscritti all’albo di una polizza assicurativa a condizioni favorevoli.

Oltre alla CNF, anche le diverse associazioni di categoria si sono attivate per ottenere tariffe concorrenziali da parte delle compagnie assicurative.

Si ricorda che…

Entro l’11 novembre 2017 gli avvocati dovranno dunque dotarsi di idonea copertura assicurativa, novità introdotta dal decreto del Ministero della Giustizia del 22 settembre 2016.

Il decreto ministeriale obbliga gli iscritti all’albo a dotarsi di polizze che prevedano determinate clausole:
– massimali minimi di copertura che siano progressivi sulla base dell’ammontare del fatturato;
– copertura per danno patrimoniale, non patrimoniale, indiretto e futuro;
– clausole di validità temporale che prevedano retroattività e postuma;
– rinuncia della compagnia assicurativa al diritto di recesso in caso di sinistro.

Il decreto prevede inoltre l’obbligo di stipulare una polizza contro gli infortuni subiti dagli avvocati nell’ambito dell’attività professionale.

6. E’ NULLO IL P A TTO DI MAGGIORAZIONE DEL CANONE ANCHE SE TARDIVAMENTE REGISTRATO

Le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi su un’annosa questione relativa alla possibile sanatoria della nullità del contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo, relativa all’ipotesi di tardiva registrazione (anche) di un patto separato recante l’importo del canone maggiorato rispetto a quello indicato nel primo contratto registrato, in considerazione del fatto che il contratto così simulato viene realizzato dalle parti contraenti con l’intento di eludere il fisco.

Le Sezioni Unite con sentenza n. 23601 del 9 ottobre scorso a motivazione della loro decisione hanno effettuato un’approfondita analisi della normativa fiscale e civilistica che ruota attorno alla materia della locazione di immobili in particolare ad uso abitativo e, non esistendo una specifica disciplina, salvo alcune previsioni generali, sui contratti di locazione ad uso non abitativo, hanno applicato anche a queste ultime le precisazioni della sentenza n. 18213 del 2015 delle stesse Sezioni Unite, secondo cui l’art. 13, comma 1, della I. n. 431 del 1998 sanziona con nullità esclusivamente il patto occulto con il quale si attua la maggiorazione del canone, oggetto di un procedimento simulatorio, mentre conserva la validità del contratto registrato e dovuto il canone apparente.

Nell’odierna sentenza, la Cassazione ha osservato che il contratto di locazione non registrato in toto, contenente l’indicazione del reale corrispettivo della locazione, è “sconosciuto” al Fisco e nullo dal punto di vista civilistico in virtù di una testuale previsione normativa che ricollega la sanzione di invalidità al comportamento illecito (L. Finanziaria 2005). Sanata l’invalidità attraverso la registrazione tardiva, ciò che rileva è proprio (e solo) il fatto che l’obbligo tributario è stato assolto tardivamente, ed è proprio (e solo) tale inadempimento ad essere sanzionato, al di là e a prescindere dalla circostanza che esso sia o meno riconducibile all’accordo negoziale delle parti.

Nel diverso caso di un contratto debitamente registrato, contenente un’indicazione simulata di prezzo, cui intervenga un patto successivo (accordo integrativo) non registrato e destinato a sostituire la previsione negoziale del canone simulato con quella di un canone maggiore, questo accordo simulatorio, in quanto teso a nascondere un canone maggiore rispetto a quello indicato nel contratto scritto e registrato, manifesta la finalità elusiva di tale patto e, dunque, la sua causa concreta; pertanto, la fattispecie della simulazione (relativa) del canone locatizio risulta affetta da un vizio genetico, attinente alla sua causa illecita, inequivocabilmente volta a perseguire lo scopo pratico di eludere la norma tributaria sull’obbligo di registrazione dei contratti di locazione. Deve perciò concludersi che una tale convenzione negoziale sia intrinsecamente nulla, perché affetta da violazione di una norma fiscale elevata dalla Corte Costituzionale a norma imperativa (ord. n. 420/2007).

La Cassazione ha statuito quindi la specifica attinenza di quanto stabilito in merito all’insanabilità del patto di maggiorazione del canone tardivamente registrato nel contratto di locazione ad uso abitativo in riferimento anche alle locazioni ad uso non abitativo, alle quali ha ritenuto applicabile la disciplina di cui alla L. n. 311/2004, fissando i seguenti principi di diritto:
a. La mancata registrazione del contratto di locazione di immobili è causa di nullità dello stesso;
b. Il contratto di locazione di immobili, quando sia nullo per (la sola) omessa registrazione, può comunque produrre i suoi effetti con decorrenza ex tunc, nel caso in cui la registrazione sia effettuata tardivamente;
c. E’ nullo il patto col quale le parti di un contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo concordino occultamente un canone superiore a quello dichiarato; tale nullità vitiatur sed non vitiat, con la conseguenza che il solo patto di maggiorazione del canone risulterà insanabilmente nullo, a prescindere dall’avvenuta registrazione.

7. AGEVOLAZIONI PRIMA CASA: NESSUNA PROROGA PER L’ACCERTAMENTO IVA

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 23379/2017, nega all’amministrazione finanziaria la proroga biennale per l’accertamento sull’IVA agevolata al 4% per la prima casa, in caso di cambio di residenza prima dei cinque anni.

7.1 Agevolazioni prima casa: il caso di specie
Il caso riguarda un contribuente persona fisica che si è visto recapitare un avviso di liquidazione di maggiore IVA e relative sanzioni, relativo all’acquisto della prima casa con IVA al 4% come previsto dalla Tabella A, n. 21, allegata al DPR 633/72. Avviso recapitato poiché il contribuente nel 2001 aveva alienato l’immobile acquistato nel 1999, quindi prima del quinquennio previsto da suddetta norma.

I giudici, sia in primo che in secondo grado, hanno accolto il ricorso del contribuente, sostenendo che:
l’amministrazione finanziaria era decaduta dal potere accertativo essendo decorso il termine triennale di cui all’art. 76 d.P.R. n.13 del 1986 e non essendo applicabile al caso di specie, ricompreso tra le ipotesi di cui all’art. 11, comma 1-bis, della legge 289 del 2002, la proroga biennale prevista dal comma 1 della medesima disposizione, che introducendo un’eccezione alla regola generale fissata dal citato art. 76, andava interpretata restrittivamente.

7.2 Agevolazioni prima casa: la sentenza della Suprema Corte
Con l’ordinanza n. 23379 depositata il 6 ottobre 2017, la Cassazione respinge il ricorso dell’amministrazione finanziaria, affermando che:
non può essere prorogato, ai sensi dell’art. 11, comma 1, della l.n. 289 del 2000, per le violazioni concernenti la fruizione dell’Iva agevolata al 4 per cento, in quanto l’art. 11 cit. fa espresso riferimento solo all’imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni, nonché sull’incremento di valore degli immobili, sicché, trattandosi di disposizione derogatoria in termini di decadenza, e, dunque, di stretta interpretazione, non è ammissibile, neppure attraverso una interpretazione logico- sistematica, un’operazione ermeneutica intesa ad assegnare all’amministrazione finanziaria un più ampio termine per l’accertamento di un tributo per il quale esso non è espressamente previsto, senza che la diversa disciplina riservata a tributi differenti possa ritenersi irragionevole.

8. TRASFORMAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO IN PART TIME VERTICALE: ILLEGITTIMO RIPROPORZIONARE I PERMESSI EX L. 104

La Corte di Cassazione con sentenza n. 22925 del 29 settembre scorso, confermando la decisione della Corte di Appello di Trento in merito ad un ricorso promosso dall’INPS e dalle Poste Italiane S.p.A., ha accertato il diritto di un dipendente di Poste Italiane S.p.A. a fruire, anche dopo la trasformazione del rapporto di lavoro in part-time verticale dei tre giorni di permesso mensile di cui all’art. 33, comma 3, L. 5 febbraio 1992 n. 104, avendo una figlia diversamente abile da accudire, dichiarando illegittimo il riproporzionamento dei giorni di permesso concessi dalla datrice di lavoro nella misura di due mensili.

La Cassazione nella sua decisione ha chiarito che in tali circostanze la disciplina cui occorre riferirsi è quella di cui al d.lgs. n. 61/2000 (Provvedimento abrogato dal d.lgs. 15 giugno 2015 n. 81) di attuazione della direttiva 97/81/CE. Il comma 2 dell’art. 4 del suddetto decreto sancisce un divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo pieno e lavoratori a tempo parziale, con particolare riferimento all’ambito di operatività del riproporzionamento in ragione della ridotta entità della prestazione di lavoro; in base a questa disciplina, espressione specifica del principio generale di uguaglianza, come chiarito dalla Cassazione, il legislatore ha inteso distinguere fra quegli istituti che hanno una connotazione patrimoniale e che si pongono in stretta correlazione con la durata della prestazione lavorativa, rispetto ai quali è stato ammesso il riproporzionamento del trattamento del lavoratore – in alcuni casi anche in misura più che proporzionale alla minore entità della prestazione – ed istituti riconducibili ad un ambito di diritti a connotazione non strettamente patrimoniale, che si è inteso salvaguardare da qualsiasi riduzione connessa alla minore entità della durata della prestazione lavorativa. Tra questi ultimi, in relazione alla espressa esclusione dal riproporzionamento, assumono rilievo, la durata del periodo di astensione, obbligatoria e facoltativa e i diritti sindacali ecc.: nel primo caso, l’estromissione dal riproporzionamento è connessa a peculiari esigenze di tutela della salute della madre e del nascituro, nel secondo, il legislatore ha voluto preservare l’integrità della tutela sindacale laddove sarebbe stato tecnicamente possibile prevedere una riduzione del numero ad es. di permessi sindacali fruibili dal lavoratore part-time. Inoltre, come espressamente recitato dalla citata disposizione normativa “L’applicazione del principio di non discriminazione comporta che: a) il lavoratore a tempo parziale benefici dei medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile in particolare …”.

Ad ogni modo, continua la Corte, ciò non deve tradursi in un sacrificio per il datore di lavoro e, pertanto, in coerenza con i criteri normativi, conclude con il riconoscere il diritto alla integrale fruizione dei permessi in oggetto solo all’ipotesi in cui la prestazione di lavoro part time venga articolata sulla base di un orario settimanale che comporti una prestazione per un numero di giornate superiore al 50% di quello ordinario; escludendo invece l’ipotesi di integrale fruizione dei permessi nei casi in cui in cui la prestazione venga svolta per un numero di giornate di lavoro inferiori, o addirittura limitata solo ad alcuni periodi nell’anno.

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