Informativa 20/2018 Aiuto alla crescita economica

Informativa 20/2018 Aiuto alla crescita economica

ACE: FINANZIAMENTI INFRUTTIFERI
E CONVERSIONE DELLE ECCEDENZE

 L’Agenzia delle Entrate ha reso interessanti precisazioni sull’ACE, nel corso dell’Incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018, le quali lette insieme alle novità apportate già dal decreto 3 agosto 2017 implicano un nuovo quadro applicativo per la dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta 2017, e cioè:
– l’irrilevanza per gli incrementi ACE del costo ammortizzato derivante dalla contabilizza-zione dei finanziamenti infruttiferi;
– la conversione dell’eccedenza ACE in credito IRAP per le “società trasparenti”.

 

L’ACE (Aiuto alla crescita economica) si concretizza, sul piano operativo, in una deduzione dal reddito complessivo correlata all’incremento del capitale proprio rispetto a quello in essere al termine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 (cd. base ACE), incremento che, in sintesi, è alimentato dagli apporti in denaro e dagli utili accantonati a riserva (eccetto quelli destinati a riserve indisponibili) al netto delle restituzioni ai soci, e ferma restando il limite del patrimonio netto contabile.

Questa deduzione si applica in dichiarazione dopo aver determinato il reddito complessivo netto, come ridotto di eventuali perdite pregresse (cfr. Agenzia delle Entrate, circolare n. 12/E del 23 maggio 2014,).

Se l’importo del rendimento nozionale supera il reddito complessivo netto, l’eccedenza può essere riportata nei periodi d’imposta successivi, senza limiti quantitativi e temporali. E’ prevista anche la possibilità di trasformare detta eccedenza in credito d’imposta ai fini IRAP, caso in cui il credito va ripartito in cinque quote annuali di pari importo. Secondo quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate (circolare n. 12/E/2014), risulta obbligatorio utilizzare l’ACE fino a concorrenza del reddito complessivo netto del periodo d’imposta cui si riferisce: eventuali quote di ACE non utilizzate non possono essere riportate nei periodi d’imposta successivi.

Dopo la diffusione del nuovo decreto ACE del 3 agosto 2017 (entrato in vigore l’11 agosto 2017), che ha sostituito il decreto 14 marzo 2012 in ragione, prevalentemente, delle sensibili modifiche nel calcolo della base ACE conseguenti alle variazioni intercorse in materia contabile (cfr. D.Lgs. n. 139/2015), oltre che di una serie di ulteriori questioni quali ad esempio la disciplina antielusiva, la normativa ACE ha registrato i chiarimenti resi dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 26/E/2017 e, da ultimo, in occasione di un recente Incontro con la stampa specializzata (cd. 24 maggio 2018) alcune interessanti precisazioni con riflessi cogenti per la dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2017, in materia di:

  • irrilevanza per gli incrementi ACE del costo ammortizzato derivante dalla contabilizzazione dei finanziamenti infruttiferi;
  • conversione dell’eccedenza ACE in credito IRAP per le società di persone trasparenti le quali decidano di utilizzare direttamente questa eccedenza, senza trasferirla ai soci.

Soggetti interessati

L’ambito soggettivo di applicazione dell’ACE include le società e gli enti residenti (di cui all’art. 73, comma 1, lett. a) e b), del T.U.I.R.): Spa, Sapa, Srl, società cooperative e società di mutua assicurazione, enti commerciali residenti nonché le società e gli enti non residenti, con riguardo alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato Italiano.

Inoltre, rientrano nell’ambito di applicazione anche i soggetti IRPEF che, in regime di contabilità ordinaria per natura o su opzione esercitano attività d’impresa, e dunque imprese individuali, Snc, Sas. Sono incluse anche le imprese familiari. Rientrano le società estere che hanno trasferito la propria residenza in Italia.

Sono escluse le società assoggettate a procedure concorsuali ma sono incluse le società assoggettate alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (salvo che la procedura non sia volta alla liquidazione della società), o le società assoggettate all’amministrazione straordinaria ex art. 70 e ss. del TUB (cfr. Agenzia delle Entrate, cit. circolare n. 12/E/2014). Sono escluse le società agricole.

Attenzione: Occorre sottolineare che la questione relativa alla conversione delle eccedenze ACE riguarda essenzialmente la posizione delle società commerciali di persone, ossia le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice, per le quali se l’eccedenza non viene attribuita ai soci si pone la questione di quale aliquota applicare per la conversione in credito IRAP.

Interessi figurativi

Con il nuovo assetto contabile conseguente alle novità introdotte dal D.Lgs. n. 139/2015, in ossequio al principio della prevalenza della sostanza sulla forma, anche i soggetti OIC provvedono a contabilizzare i finanziamenti facendo riferimento alla pratica del costo ammortizzato e dell’attualizzazione. Ciò implica che la contabilizzazione del quantum delle somme erogate o ricevute deve prendere in considerazione eventuali differenze tra il tasso di interesse desumibile dal contratto ed il tasso di mercato. Se, in particolare, si riscontra uno scostamento significativo bisogna attualizzare gli interessi futuri derivanti dal rapporto sostituendo il tasso contrattuale con quello di mercato. Per i finanziamenti infruttiferi erogati dai soci l’OIC 15 prevede che, qualora il socio abbia concesso il finanziamento infruttifero alla propria società al fine di dotarla di risorse patrimoniali, il predetto differenziale assume la natura di apporto e che, pertanto, tale importo deve essere iscritto dal socio creditore ad incremento della relativa partecipazione e dalla società controllata debitrice quale riserva di capitale.

Pertanto:

  • il socio creditore iscrive il credito a valore attualizzato (la differenza tra valore nominale e valore attuale viene rilevata ad incremento della partecipazione) ed imputa a conto economico gli interessi attivi figurativi, ossia gli interessi che avrebbe conseguito se il finanziamento fosse stato erogato a tasso di mercato;
  • la società debitrice attualizza il debito ed iscrive il differenziale quale riserva di capitale e, successivamente, imputa a conto economico gli interessi passivi figurativi (in aggiunta a quelli contrattuali insufficienti o in luogo di quelli contrattualmente non previsti) che vanno ad incrementare il valore iniziale del debito sino al suo valore nominale; si tratta, cioè, degli interessi o maggiori interessi che avrebbe dovuto sostenere se il finanziamento fosse stato erogato a tasso di mercato.

A quest’ultimo proposito l’art. 5, comma 5, del cit. D.M. 3 agosto 2017 stabilisce l’irrilevanza ai fini dell’incremento della base di calcolo dell’agevolazione ACE degli incrementi di patrimonio netto generati dalla contabilizzazione, in capo alla partecipata-debitrice, dei finanziamenti infruttiferi secondo il criterio del costo ammortizzato (OIC 19).

Attenzione: Assonime evidenzia, con la circolare n. 13 dell’11 giugno 2018, che ai fini ACE, diversamente da quanto previsto per l’ambito IRES, la scelta è stata quella di sterilizzare le sole componenti patrimoniali emergenti dalla nuova modalità di rilevazione contabile, ferma rimanendo la piena rilevanza degli interessi figurativi attivi e passivi indicati, rispettivamente, nel conto economico del finanziatore e della società finanziata (Assonime richiama la posizione dell’Agenzia delle Entrate emersa sulla stampa specializzata a seguito dell’Incontro del 24 maggio 2018).

Interessi figurativi e utile di periodo

Secondo quando chiarito dall’Agenzia delle Entrate in occasione dell’Incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018, in caso di finanziamenti infragruppo infruttiferi, l’art. 5, comma 5, del decreto ACE statuisce che non costituisce una variazione in aumento rilevante ai fini ACE, la riserva originata dall’applicazione del criterio del costo ammortizzato che, come noto, determina l’iscrizione nel patrimonio netto della differenza tra l’importo effettivamente erogato ed il debito determinato applicando il tasso di mercato.

Gli interessi figurativi che la partecipata-debitrice e la partecipante-creditrice iscrivono nel conto economico lungo la durata del finanziamento incidono in senso negativo/positivo sugli utili degli esercizi successivi e tale evento incide, ovviamente, sulla ACE di periodo.

Attenzione: E’ stato dunque sottolineato, da parte delle Entrate, che, ai fini ACE, l’utile è una grandezza assunta nella sua quantificazione di bilancio, non soggetta ad eventuali rettifiche fiscali, come ad esempio, quelle legate alla indeducibilità di alcuni costi. Inoltre, nel caso di conferimento di un bene in natura, che non rileva ai fini ACE, l’utile di esercizio concorre (sempre ai fini ACE) nella quantificazione bilancistica e non viene rettificato delle quote di ammortamento del bene conferito. Coerentemente, anche nel caso prospettato, chiarisce l’Agenzia delle Entrate, in presenza di un incremento di patrimonio non rilevante ai fini ACE (riserva originata dall’applicazione del costo ammortizzato) per espressa previsione normativa l’utile di esercizio non deve essere rettificato degli interessi figurativi che scendono a conto economico lungo la durata del finanziamento.

Conversione delle eccedenze

Stabilisce l’art. 3, comma 3, del cit. D.M. 3 agosto 2017 che l’eccedenza ACE, ossia l’importo del rendimento nozionale che esorbita il reddito complessivo dichiarato nel periodo d’imposta di formazione, può essere utilizzata, in luogo del riporto (e dello scomputo) per le annualità successive, in compensazione dell’IRAP sotto forma di credito d’imposta determinato applicando alla suddetta eccedenza le aliquote di cui all’art. 11 e 77 del T.U.I.R (come è noto la disciplina di riferimento è stata modificata in tal senso con il D.L. n. 14/2014).

Il decreto, poi, dispone che il credito in parola vada ripartito in cinque quote annuali di pari importo utilizzabili di anno in anno fino a concorrenza del debito IRAP del periodo (cfr. anche circolare n. 21/E del 3 giugno 2015).

Con tale ultimo documento di prassi è stato precisato:

  • che il contribuente può optare anche per l’utilizzo parziale delle eccedenze di rendimento nozionale. Date cioè eccedenze per un importo pari a 100 si può scegliere di trasformare in credito IRAP anche solo una parte, ad esempio pari a 70, riportando in avanti le eccedenze ACE residue, pari a 30;
  • per esigenze di certezza e semplificazione operativa la conversione delle eccedenze in credito d’imposta IRAP non è revocabile: non è possibile ripristinare ai fini IRES/IRPEF quanto già trasformato in credito IRAP;
  • il credito IRAP non è utilizzabile tramite compensazione cd. orizzontale, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, ma solo a riduzione dell’IRAP dovuta, derivandone una serie di effetti: ad esempio, non scatta il limite generale di compensabilità pari a 700.000 euro annui;
  • le eccedenze pregresse non già oggetto di trasformazione in credito IRAP non possono essere trasformate in credito d’imposta IRAP al pari della quota di periodo che si è deciso di destinare a riporto ai fini IRES;
  • le quote di credito non utilizzate non possono essere oggetto di istanza di rimborso e il credito non può essere ceduto, ai sensi dell’art. 43bis, comma 3, del D.P.R. n. 602/1973 né può essere oggetto di cessione infragruppo ai sensi dell’art. 43ter dello stesso decreto, ed è escluso, infine, che nell’ambito del regime del consolidato fiscale il credito IRAP possa essere ceduto all’interno del gruppo (cfr. art. 7 D.M. 9 giugno 2004).

Ulteriori e specifici chiarimenti furono resi, con la cit. circolare n. 21/2015, in relazione ai casi di società partecipanti al consolidato o in regime di trasparenza fiscale. Su tale ultimo profilo è ritornata recentemente l’Agenzia delle Entrate in sede di Incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018.

Il caso della trasparenza fiscale

Diciamo subito che, nei casi di un soggetto IRES, il calcolo del credito IRAP non implica particolari problematiche poiché basta applicare l’aliquota vigente, attualmente pari al 24%, come prevista dall’art. 77 del T.U.I.R., in relazione all’anno di formazione dell’eccedenza ACE.

Allo stesso modo, anche se più articolato il calcolo non risulta complicato per un imprenditore persona fisica, il quale applicherà le aliquote previste dall’art. 11 del T.U.I.R.

Per i soggetti che esercitano l’opzione per la trasparenza fiscale di cui agli artt. 115 e 116 del T.U.I.R. l’Agenzia delle Entrate aveva analizzato, con la cit. circolare n. 21/2015, le regole generali recate dal decreto ACE, poi sostituito senza variazioni al riguardo dal decreto 3 agosto 2017 (l’aspetto è regolato nell’art. 7): le eccedenze ACE determinate in capo alla società partecipata vanno attribuite a ciascun socio in misura proporzionale alla sua quota di partecipazione agli utili. In caso di attribuzione dell’eccedenza la scelta per la trasformazione del credito spetta ai soci. Previo utilizzo a riduzione degli ulteriori redditi d’impresa conseguiti dal singolo socio, quest’ultimo potrà, anche parzialmente, scegliere se riportare nei periodi di imposta successivi l’eccedenza non utilizzata, oppure, convertirla in credito di imposta da utilizzare per ridurre la propria IRAP.

La trasparenza delle società di persone

Questo criterio applicativo, ai sensi di quanto previsto dall’art. 8 del decreto ACE, risulta utilizzabile anche per i soggetti che producono redditi in forma associata di cui all’art. 5 del T.U.I.R., ad esempio da parte di una società in nome collettivo, caso in cui l’opzione spetta ai soci, come già evidenziato.

Attenzione: Senonché, in questo caso i soci potrebbero presentare aliquote non del tutto corrispondenti (esse variano a seconda della situazione reddituale del contribuente, come è noto).

Nell’ incontro con la stampa specializzata del 24 maggio 2018, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che in queste ipotesi il socio di un soggetto trasparente, previo utilizzo dell’ACE a riduzione degli ulteriori redditi d’impresa da lui conseguiti, potrà scegliere se:

  • riportare nei periodi di imposta successivi l’eccedenza non utilizzata;
  • convertire tale eccedenza in credito d’imposta da utilizzare per ridurre la propria IRAP. In tal caso calcolerà il credito applicando all’ eccedenza le aliquote corrispondenti agli scaglioni ex art. 11 del T.U.I.R. Sin quì nulla quaestio, invero.

La precisazione si rendeva opportuna per le ipotesi in cui, invece, l’eccedenza ACE non venga attribuita ai soci, situazione verificabile in forza del rinvio contenuto nell’art. 8 del decreto ACE alla disciplina prevista dall’art. 7 per il caso della cd. piccola trasparenza di cui all’art. 116 del T.U.I.R. Anche in questo caso, pertanto, la stessa può essere utilizzata in compensazione dell’IRAP, sotto forma di credito d’imposta, fino a concorrenza dell’IRAP di periodo dovuta dalla società, ma occorreva sapere a quale curva delle aliquote la società deve fare affidamento, dato che la situazione dei soci sul piano reddituale può essere molto variabile.

Attenzione: Secondo quanto precisato dalle Entrate, il credito d’imposta si determinerà applicando alla quota di eccedenza ACE le aliquote di cui all’art. 11 del T.U.I.R. senza tener conto del numero dei soci o delle eventuali aliquote marginali degli stessi soci.

Come è appena il caso di sottolineare, infine, nell’altra ipotesi di trasparenza fiscale prevista dall’art. 116 del T.U.I.R. laddove le eccedenze ACE non siano trasferite ai soci persone fisiche si rende applicabile l’aliquota proporzionale IRES (attualmente pari al 24%).

Attenzione: In definitiva, la scelta di convertire o meno l’eccedenza ACE in credito IRAP implica alcune valutazioni di fondo, anche rispetto, nei casi di trasparenza fiscale, all’opportunità di trasferire o meno l’eccedenza ai soci, i quali potrebbero utilizzarla a scomputo di redditi personali. Se il socio, per altri versi, presenta redditi personali che si pongono su aliquote elevate potrebbe essere più congeniale la scelta di attribuire a quest’ultimo l’eccedenza ACE anziché optare per la trasformazione in credito IRAP. Questo discorso vale in particolare, per le società a responsabilità limitata “trasparenti” le quali applicano l’aliquota piatta del 24% ma anche per le società personali che presentano redditi abbastanza contenuti (con soci con redditi più elevati che si pongono in scaglioni con aliquote più elevate). Una certa importanza riveste, peraltro, anche la circostanza che la società liquidi o meno un’IRAP capiente in relazione al periodo d’imposta di formazione dell’eccedenza, come è appena il caso di sottolineare.

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